Prima del nostro arrivo in Giappone avevamo solo conoscenze basilari della cucina nipponica. Il sushi e il ramen erano i piatti principali conosciuti e apprezzati. In realtà quella per il sushi stava diventando una vera e propria dipendenza visto la continua “sperimentazione” durante le nostre avventure in giro per il mondo. Questa passione ci aveva talmente travolto che eravamo arrivati, con buoni risultati, anche a prepararlo a casa. Confesso però che non tutte le esperienze con il sushi si sono rilevate ottimali soprattutto perchè la maggiorparte dei ristoranti in Italia adotta la formula dell’all you can eat prediligendo più la quantità che la qualità. Tra l’altro spesso si tratta di una cucina prevalentemente cinese con il sushi utilizzato solo come “specchietto per le allodole”.
Chiaramente fare una vera esperienza in Giappone ci avrebbe fatto, da lì a poco, scoprire le prelibatezze e la maestria di questa cucina.
Non dimenticherò mai la prima esperienza con il sushi in Giappone. Teatro della nostra avventura è il famoso quartiere di Shibuya. Qui passeggiando per le affollatissime vie, tra una moltitudine di locali specializzati in ogni prelibatezza, veniamo catturati da Uogashi Nihonichi Standing Sushi Bar. Si tratta di un piccolo locale frequentato da giapponesi e da qualche turista dove si mangia sushi esclusivamente in piedi. Dopo le iniziali difficoltà nel capire come e cosa ordinare, iniziamo a gustare alcune varietà di nigiri abilmente preparate sotto i nostri occhi dalle sapienti mani del personale e serviti su bellissime foglie di loto.



Come prima esperienza culinaria non possiamo essere più soddisfatti: assaggiare uno dei nostri piatti preferiti in una location così tradizionale e unica ammirando la maestria e la tecnica antichissima dei preparatori di sushi è veramente un’avventura unica.
Se all’Uogashi siamo entrati in contatto con il mondo della tradizione il resto della cena è tutto basato sulla modernità. Ci buttiamo infatti in un bel locale attirati da alcune luci e scritte giapponesi da cui capiamo che si può mangiare ramen. Il locale è un po’ piccolo con pochi tavoli, vicini tra loro, ma molto colorato e pieno di ragazzi. Ci sediamo e attendiamo che ci venga presa l’ordinazione. Solo poco dopo facciamo una scoperta che ha per noi del sensazionale: per ordinare dobbiamo utilizzare una specifica macchina per le ordinazioni. Avevamo notato, appena entrati, questa macchina ma l’avevamo presa per un distributore di snack o sigarette e mai avremmo pensato si trattasse del nostro “cameriere elettronico”. Con qualche difficoltà e non senza l’aiuto dello staff, riusciamo ad ordinare due piatti di ramen. Non che l’utilizzo della macchina sia complesso, ma purtroppo su questa il nome delle pietanze è scritto solo in giapponese e senza aiuto risulta impossibile selezionare la pietanza desiderata. In giro per il Giappone ci è capitato di imbatterci in macchine dotate anche di foto dei piatti cosa che rende sicuramente più agevole la scelta. Questo sistema, diffuso e tecnologico è molto apprezzato in Giappone, soprattutto nelle grandi città, perchè velocizza molto la gestione delle ordinazioni e limita l’utilizzo del contante.
In men che non si dica la nostra ordinazione arriva; sul nostro tavolo disponiamo già di tutte le tipologie di salse, condimenti e delle tradizionali bacchette… insomma di tutto l’occorrente per consumare questa delizia.
Ammetto che questo, come gli altri piatti di ramen presi in giro per il Giappone, sono la cosa che ho apprezzato di più di questa cucina. La sua varietà e il bilanciamento dei sapori ne fanno un piatto davvero unico.
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